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ddj 2
Janas,
La nascita delle Fate
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dunque, dove eravamo rimasti…
.. aspetta, vado a prendere il mio bicchierino di mirto...
ok...
Ah.. si… eravamo arrivati alle Domus de Janas.. le Domo Sa Naj, le Domo po Sanaj..
Domus de Janas, le Navi Ospedale…
È vero.. eravamo arrivati li, però non avevamo ancora capito perché e come le Domo Sanaj si potessero essere trasformate col tempo in “Case delle Fate”..
Come e quando, “Janas/Sanaj” sia diventato “Le Janas”, e come “Le Janas” siano diventate le nostre piccole fate dei boschi, e come e perché queste nostre Janas siano oltretutto delle fate così particolari, così fate e così streghe, allo stesso tempo..
proviamo allora a fare un passo indietro..
Le "domus de sa nai", vediamo innanzitutto che hanno intrinsecamente nel loro stesso nome, un fortissimo riferimento all’acqua..
una nave infatti non è che la costruisci per farci un ristorante in montagna..
o perlomeno, oggi forse si, lo farebbero pure, ma all’epoca credo fossero più pragmatici…
però con l'acqua è facile, e sarà importante, nel corso del ragionamento..
ma dove lo acchiappiamo il fatto che le domus abbiano a che fare con le donne?
Ricordiamoci innanzitutto che fino a prima dell'avvento della “medicina chimica”, il potere della guarigione era affidato ai segreti delle erbe e delle piante (cui la medicina chimica ha rubato al fine tanti segreti) e non solo, e che fino a quando la “santa inquisizione“ non ha fatto strage di donne, accusandole di stregoneria, i segreti delle erbe, e quindi della cura, erano custoditi e tramandati di madre in figlia..
Se ci pensate, in effetti, il fatto che le donne fossero custodi del sapere medico, è tutto sommato abbastanza Logico..
Le donne infatti partorivano (lo fanno ancora, in effetti..), e loro per questo avevano bisogno di assistenza, ieri come oggi fornita da altre donne. Gli uomini no...
Le donne erano “raccoglitrici”,e avevano quindi modo di conoscere le piante, selezionarle, apprenderne i segreti. Gli uomini no...
Le donne crescevano i figli, con tutto ciò che comporta in salute e malattia. gli uomini no...
Le donne curavano gli uomini feriti al rientro dalle battute di caccia. Gli uonini no…
In Sardegna, la donna, veniva chiamata, po “accabbai sa vita”, per praticare l’eutanasia, quando necessario. Non si chiamava un uomo, no..
La donna, insomma, era naturalmente custode della vita, dal mistero della nascita, fino al mistero della morte, passando per il mistero della malattia e della guarigione.
La donna, era, semplicemente e Logicamente, custode della magia della vita, vita che iniziava dall’acqua, la cui fuoriuscita precedeva e annunciava la nascita del cucciolo d’uomo..
Magia, mistero, e boschi, acqua e foreste.
Si, perché la Sardegna, fino all’unità d’italia, aveva qualcosa come un milione e mezzo di metri quadri di meravigliose e rigogliose foreste, e le antiche Donne Sarde ne conoscevano sicuramente tutti i segreti..
Domus de Janas… eccole li..
Janas, al singolare Jana, si pronuncia Dgiana, e senza le vocali si scrive Jn, pronuncia dgin, radice per il futuro “ginè”, greco antico per donna..
JN = radice antica per "ginè", "donna".
Mistero svelato!
da ginecologo a gineceo, da ginestra a ginepraio (…),
insomma, le “Domo Sanaj” erano anche le “Domo Jinàs”,
Domo Jinàs, Sanaj, in SaNaj...
“le case/navi delle donne che curano”..
Che curano con le erbe dei boschi, e con l’energia della terra, e con le vibrazioni del suono.
In queste “casse armoniche”, infatti la forza dei Brebus doveva essere moltiplicata, amplificata, resa potente...
Io personalmente ho avuto esperienza della capacità delle domus di risuonare a certe frequenze, frequenze che “entrano dentro “, vi posso dire che è un esperienza un esperienza davvero intensa...
e anche i brebus si tramandavano di madre in figlia…
le domus erano luoghi dove probabilmente la vita nasceva, si rigenerava e terminava.
Immaginatevi sdraiati dentro una domus, state male, la stanza è illuminata dal chiaro di una candela, odore di erbe, magari oppio, la sciamana vi da da bere qualcosa, recita litanie, le sentite dentro e fuori di voi, lei appare e scompare, avvolta dal suo mantello…
ma nelle domus, si nasceva, abbiamo detto..
E la nascita era davvero, un mistero, un segreto Il segreto della vita, che era anche il segreto dell’acqua..
Prima l’acqua, poi la vita, il bambino..
Bene.. questa cosa dell'acqua mi incuriosiva e sono andato a controllare una per una tantissime statue della dea madre, sarde, datate ufficialmente anche a circa il 3800 a.c., praticamente sempre compare, in antico alfabeto sardo, la scritta “B WT”,
“B WT”
B = “proveniente da”, “nato da”, “nutrito da”,
WT = radice per acqua.
WT sembra essere, proprio perché collegata alle dee madri, l’acqua che da la vita.
WT, water… acqua..
Da WT, con la W dura, per esempio, deriverà “Vate”, da W pronunciata “U”, avremo per esempio “Witch”, strega, ma da W pronunciata secondo la fonetica antica, “F”… indovina un po’…
“Fate”..
fate che In inglese diventano “fate = destino”,
e in sardo “fada, vada, fata, jana”, fata.
In arabo invece notiamo che jiin, è quello che diventerà poi il “genio“, della lampada o meno, (e di cui non si conosceva prima d’ora l’origine etimologica)..
Insomma, Ostetriche, infermiere, sciamane, erboriste, accabbadore, vati, geni, streghe,
Fate..
Nella Casa dove l’acqua dava la vita, dove il suono e le erbe e l’energia della terra la curavano, e dove forse un mazzolo di legno, con cuore saldo e cosciente, la terminava,
le Donne Sarde erano Water/Mater (millenni prima del latino), erano Vate, erano Jiin, erano Sciamane, erano Streghe, erano Fate.
Erano Djanas, Vivevano nei boschi.
Erano Fate, curavano in domo sa naj
Erano Donne Sarde
Erano Janas.
e guai a farle incazzare…
ps. se in fondo al vostro animo, c'è una jana che sussurra, condividete...
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